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Corte di Cassazione e responsabilità del datore di lavoro nei confronti degli obblighi di sicurezza

Corte di Cassazione e responsabilità del datore di lavoro nei confronti degli obblighi di sicurezza

La Corte di Cassazione Sezione Lavoro, nella sentenza n. 8911 del 29 marzo 2019, ha ben circoscritto la responsabilità del datore di lavoro nei confronti degli obblighi di sicurezza, distinguendo tra l’altro, tra misure “nominate” ed “innominate”.

Nella sentenza esaminata la Suprema Corte ribadisce che la giurisprudenza consolidata assegna all’art. 2087 cod. civ. il ruolo di norma di chiusura del sistema di prevenzione, volta a sanzionare l’omessa predisposizione di tutte quelle misure e cautele atte a preservare l’integrità psicofisica e la salute del lavoratore nel luogo di lavoro, tenuto conto della concreta realtà aziendale. Viene attribuita alla disposizione di cui all’art. 2087 anche una funzione dinamica, in quanto norma diretta a spingere l’imprenditore ad attuare un’efficace attività di prevenzione attraverso la continua e permanente ricerca delle misure suggerite dall’esperienza e dalla tecnica più aggiornata al fine di garantire, nel migliore dei modi possibili, la sicurezza dei luoghi di lavoro. Nella sentenza esaminata viene tuttavia evidenziato come la responsabilità datoriale non può essere ampliata fino al punto da comprendere ogni ipotesi di lesione dell’integrità psicofisica dei dipendenti. L’art. 2087 cod. civ. non configura una responsabilità oggettiva essendone elemento costitutivo la colpa, inteso come difetto di diligenza nella predisposizione delle misure idonee a prevenire danni per il lavoratore. Non può, quindi, desumersi un obbligo assoluto in capo al datore di lavoro di rispettare ogni cautela possibile e diretta ad evitare qualsiasi danno al fine di garantire così un ambiente di lavoro a “rischio zero” quando di per sé il pericolo di una lavorazione o di un’attrezzatura non sia eliminabile; egualmente non può pretendersi l’adozione di accorgimenti per fronteggiare evenienze infortunistiche ragionevolmente impensabili. Non si può automaticamente presupporre, dal semplice verificarsi del danno, l’inadeguatezza delle misure di protezione adottate, ma è necessario, piuttosto, che la lesione del bene tutelato derivi dalla violazione di determinati obblighi di comportamento imposti dalla legge o suggeriti dalle conoscenze sperimentali o tecniche in relazione al lavoro svolto. Per le misure di sicurezza cosiddette “nominate” (espressamente e specificatamente definite dalla legge), il lavoratore ha l’onere di provare soltanto la fattispecie costitutiva nonché il nesso di causalità tra l’inosservanza della misura ed il danno subito. Nel caso delle misure “innominate” (ricavate dall’art. 2087, che impone l’osservanza del generico obbligo di sicurezza) la prova liberatoria a carico del datore di lavoro risulta correlata alla diligenza dovuta nella predisposizione delle misure di sicurezza. In tale secondo caso si impone al datore di lavoro l’onere di provare l’adozione di comportamenti specifici che, seppur non risultino dettati dalla legge, siano suggeriti da conoscenze, dagli standard di sicurezza o da fonti analoghe. L’art. 2087 impone, infatti, al datore di lavoro di adottare non solo le misure imposte dalla legge in relazione allo specifico tipo di attività esercitata e quelle generiche dettate dalla comune prudenza, ma anche tutte le altre misure che in concreto si rendano necessarie per la tutela della sicurezza del lavoro. Da questa norma però non può desumersi l’esistenza di un obbligo assoluto di rispettare ogni cautela possibile e innominata diretta ad evitare qualsiasi danno (con la conseguenza di ritenere automatica la responsabilità del datore di lavoro tutte le volte che il danno si sia verificato), occorre che l’evento sia riferibile a sua colpa, per violazione di obblighi di comportamento.

In sostanza il datore di lavoro non è tenuto ad adottare ogni precauzione astrattamente possibile ma quelle che in concreto, in relazione alle caratteristiche dell’attività, alle mansioni del lavoratore, alle condizioni dell’ambiente esterno e di quello di lavoro, appaiano idonee ad evitare eventi prevedibili.